venerdì 6 giugno 2014

Recensione: "Siddharta" di Hermann Hesse



Titolo: Siddharta
Autore: Hermann Hesse
Edizione: Piccola Biblioteca Adelphi
Prezzo: 10,00 €
Trama: Chi è Siddhartha? È uno che cerca, e cerca soprattutto di vivere intera la propria vita. Passa di esperienza in esperienza, dal misticismo alla sensualità, dalla meditazione filosofica alla vita degli affari, e non si ferma presso nessun maestro, non considera definitiva nessuna acquisizione, perché ciò che va cercato è il tutto, il misterioso tutto che si veste di mille volti cangianti. E alla fine quel tutto, la ruota delle apparenze, rifluirà dietro il perfetto sorriso di Siddhartha, che ripete il «costante, tranquillo, fine, impenetrabile, forse benigno, forse schernevole, saggio, multirugoso sorriso di Gotama, il Buddha, quale egli stesso l’aveva visto centinaia di volte con venerazione».

Siddhartha è senz’altro l’opera di Hesse più universalmente nota. Questo breve romanzo di ambiente indiano, pubblicato per la prima volta nel 1922, ha avuto infatti in questi ultimi anni una strepitosa fortuna. Prima in America, poi in ogni parte del mondo, i giovani lo hanno riscoperto come un loro testo, dove non trovavano solo un grande scrittore moderno ma un sottile e delicato saggio, capace di dare, attraverso questa parabola romanzesca, un insegnamento sulla vita che evidentemente i suoi lettori non incontravano altrove.
 

Sono pienamente consapevole della responsabilità che, studentessa diciottenne, mi assumo a recensire un romanzo come "Siddharta", un romanzo complesso e denso di significati, il romanzo che ha dato voce e che continua a dar voce a generazioni intere.

Siddharta narra della ricerca che ognuno di noi deve, prima o poi, intraprendere, la lunga ricerca alla scoperta del proprio io, un romanzo di formazione nel più puro e genuino senso della parola.
Il tema dell'io e della sua ricerca è un tema particolarmente caro ai giovani ed è forse per la mia giovane età che ho deciso di intraprendere adesso questa lettura, una lettura tanto impegnativa quanto godibile.
Ciò nonostante, ritengo che questo sia uno di quei romanzi la cui voce suona diversa ogni volta che si decide di immergervisi nuovamente, come d'altronde accade ogni qualvolta si legge un buon classico. Letto a diciotto anni, questo romanzo mi ha comunicato alcune cose e ispirato riflessioni che forse non avrei avuto modo di fare altrimenti, ma sono sicura che se lo rileggessi fra cinque, dieci o quindici anni mi direbbe sempre cose nuove.

Siddharta, all'inizio del romanzo, un bambino assorto in mille riflessioni decisamente più grandi di lui sul senso della propria esistenza, in tenera età già votato all'ascetismo e alla meditazione con il fedele amico Govinda.
I due ragazzi intraprenderanno insieme un cammino che dovrebbe portarli, attraverso un lungo percorso di rinunce e sacrifici, alla felicità, intendendo con ciò la liberazione dell'anima dal corpo e dalle cose terrene.
Il protagonista scoprirà presto che il segreto della felicità, quella vera e duratura che tanto desidera, non è in alcuna dottrina, in alcun maestro, in alcuna rinuncia. Essa giace dove soltanto l'uomo che non fa alcuno sforzo per cercarla può trovarla. 
In disaccordo con l'amico, il giovane Siddharta intraprende un percorso che lo troverà mutato, cresciuto e maturato come non era accaduto in anni e anni di meditazione. 
Durante la sua lunga vita Siddharta farà la conoscenza della bella cortigiana Kamala, del mercante Kamaswami e del barcaiolo Vasudeva, personaggi che lasceranno, ognuno a suo modo, un segno indelebile nella formazione del ragazzo.
E alla fine di questo percorso, Siddharta si scoprirà felice.
"La saggezza non è comunicabile. La scienza si può comunicare, ma la saggezza no. Si può trovarla, viverla, si possono fare miracoli con essa, ma spiegarla e insegnarla non si può."
Lettura consigliatissima. :)
x5
Giorgia Blogger

2 commenti :

  1. bell'articolo. Mi accingo proprio ora alla lettura di questo libro :-)

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    1. Ti ringrazio! Credo proprio che non te ne pentirai :) mi accingerò a breve a riprendere Hesse anch'io, con "Narciso e Boccadoro".

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